Nel paese dei ciechi, che non sono così disattenti come sembrano, l’orbo non è re, è spettatore.
Clifford Geertz
Ricordiamo il grande Antropologo statunitense Clifford Geertz, fondatore dell’Antropologia Interpretativa, o Simbolica
L’antropologo culturale americano Clifford Geertz ha svolto un lavoro sul campo etnografico in Indonesia e Marocco, ha scritto saggi influenti su questioni teoriche centrali nelle scienze sociali e ha sostenuto un approccio “interpretativo” distintivo all’antropologia.
Clifford Geertz nasce a San Francisco il 23 agosto 1926. Dopo aver prestato servizio nella Marina degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale, consegue un BA presso l’Antioch College nel 1950 e un Dottorato di Ricerca all’Università di Harvard nel 1956. Dopo aver ricoperto una serie di brevi incarichi all’inizio della sua carriera, nel 1960 copre una posizione presso l’Università di Chicago, dove viene rapidamente promosso a professore associato e poi professore ordinario. Nel 1970 entra a far parte dell’Institute for Advanced Study di Princeton, New Jersey, come professore di Scienze Sociali, una posizione di rara distinzione che copre fino al 1995. Nel corso degli anni Geertz riceve un numero considerevole di onorificenze e riconoscimenti, tra cui lauree honoris causa da diverse istituzioni. Nel 1958 e nel 1959 è borsista presso il Center for Advanced Study in the Behavioral Sciences (Stanford) e nel 1978-1979 lavora come Eastman Professor all’Università di Oxford. I suoi libri vincono importanti premi, tra cui il prestigioso National Book Critics Circle Award for Criticism del 1988 per “Works and Lives: The Anthropologist As Author”.
Nel 1952 Geertz si reca per la prima volta in Indonesia con un team di investigatori per studiare Modjokuto, una piccola città nel centro est di Giava, dove lui e sua moglie vivono per più di un anno. Sulla base delle sue ricerche lì Geertz scrive la sua tesi, poi pubblicata nel 1960 con il titolo “The Religion of Java” che rappresenta un’analisi completa della religione giavanese nel suo contesto sociale. Questo libro presenta un quadro di una cultura altamente religiosa composta da almeno tre filoni principali (relativi a diversi gruppi di popolazione): questi includono un tipo tradizionale di animismo, l’Islam (di per sé diversificato internamente) e un raffinato misticismo influenzato dall’induismo. Negli anni successivi Geertz torna a Giava, ma trascorre anche lunghi periodi a Tabanan, una piccola città di Bali. Inizialmente trattati con completa indifferenza dai balinesi, Geertz e sua moglie ottengono un significativo accesso alla loro comunità. L’antropologo presenta lì la sua interpretazione del suo tempo in un classico saggio sul combattimento di galli balinese. Sia nell’abbinamento dei galli che nelle scommesse che circondano la lotta, i balinesi drammatizzano la loro preoccupazione di mantenere una precisa gerarchia di rivalità e gruppi in cui ognuno aveva il suo posto fisso.
Geertz svolge poi un lavoro sul campo a Sefrou, una città del Marocco centro-settentrionale, negli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70. Questo gli permette di confrontare due “estremi” della civiltà islamica: omogeneo e moralmente severo in Marocco e mescolato con altre tradizioni e meno interessato alle scritture dottrina in Indonesia. In entrambi i paesi trova la religione tradizionale interessata dal processo di secolarizzazione; mentre le persone sono “trattenute” da convinzioni date per scontate, nelle società moderne devono sempre più “mantenere” le proprie convinzioni in modo molto più consapevole (e ansioso). Così Geertz pubblica “Islam Observed” nel 1968. Fin dai suoi primi lavori Geertz indaga il motivo per cui alcune comunità raggiungono una maggiore crescita economica e modernizzazione rispetto ad altre. Geertz è anche autore di numerosi saggi che elaborano le sue teorie, tra cui “The Interpretation of Cultures” del 1973 e “Local Knowledge” del 1983. Durante gli anni ’80 e ’90, Geertz continua a ricercare quelle culture, ma la sua attenzione si sposta maggiormente verso lo studio degli approcci metodologici all’antropologia e all’etnografia. Nel 1995, Geertz pubblica “After the Fact: Two Countries, Four Decades, One Anthropologist”. Nel libro, traccia la trasformazione dell’antropologia culturale, da uno studio dei popoli primitivi, a un’indagine multidisciplinare dei sistemi simbolici di una cultura e delle sue interazioni, con le più grandi forze della storia e della modernizzazione. Geertz utilizza la più grande forza dell’antropologia (la capacità di confrontare le culture). I suoi lunghi periodi di lavoro sul campo in Indonesia e Marocco gli permettono di vedere ciascuno attraverso l’obiettivo dell’altro. Inoltre, l’antropologo ricorre nel libro anche ad aneddoti dei paesi non occidentali, che affrontano le stesse questioni sociali dei paesi occidentali: identità nazionale, ordine morale e valori in competizione. Geertz aveva ricevuto una LHD dal Bates College nel 1980 e numerose lauree honoris causa e premi. Geertz muore il 30 ottobre 2006 a Filadelfia, in Pennsylvania.
Durante la sua carriera Geertz ha cercato di dare un senso ai modi in cui le persone vivono la propria vita interpretando simboli culturali come cerimonie, gesti politici e testi letterari. Geertz era anche interessato al ruolo del pensiero (soprattutto il pensiero religioso) nella società. Analizzare adeguatamente questo ruolo, sosteneva, richiede una “descrizione fitta”, una valutazione approfondita dei significati che le azioni delle persone hanno per loro nelle loro circostanze, un metodo che Geertz ha cercato di dimostrare nel suo stesso lavoro. Scettico nei confronti dei tentativi di sviluppare teorie astratte del comportamento umano, ma sensibile alle questioni di interesse umano universale, ha sottolineato che gli antropologi dovrebbero concentrarsi sulla ricca trama delle vite degli esseri umani reali. Eppure, ha mostrato che scrivendo degli altri si trasforma necessariamente il “loro” mondo; lo stesso stile in cui scrivono gli scienziati sociali, trasmette la loro peculiare interpretazione. Lo stile di scrittura altamente sofisticato, ma denso e, talvolta, contorto di Geertz, esemplifica il suo influente approccio “interpretativo” all’antropologia culturale.
In cover: Clifford Geertz. L’immagine è stata adattata, l’originale si trova qui: albert.ias.edu
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