Come evitare pregiudizi nella Ricerca Qualitativa

Come evitare pregiudizi nella Ricerca Qualitativa (parte prima)

Abbiamo già visto come il pregiudizio nella ricerca sia un problema che si pone di più nella ricerca qualitativa rispetto alla ricerca quantitativa. Perché?
Il bias di ricerca si verifica quando…
 

Come evitare pregiudizi nella Ricerca Qualitativa

Vedi le altre parti dell’articolo su “La ricerca qualitativa” e i biases dei ricercatori di Carmen Cini

Abbiamo già visto come il pregiudizio nella ricerca sia un problema che si pone di più nella ricerca qualitativa rispetto alla ricerca quantitativa. Perché?

La ricerca qualitativa si basa maggiormente sull’esperienza e sul giudizio del ricercatore. Inoltre, il tipo di dati raccolti è soggettivo ed unico per la persona o la situazione. Quindi è molto più difficile evitare i pregiudizi rispetto alla ricerca quantitativa.

Esistono modi per evitare pregiudizi dal punto di vista del ricercatore?

Un buon inizio è riconoscere che i pregiudizi esistono in tutte le ricerche e che, quindi, l’oggettività è un “miraggio”. Possiamo quindi provare a prevedere quale tipo di pregiudizio potremmo avere nel nostro studio e cercare di evitarlo il più possibile. Inoltre, è importante pensare agli obiettivi che il tipo di ricerca che stiamo svolgendo ha. Pianificando lo studio in anticipo ed essendo chiari su ciò che si vuole ottenere e come, contribuirà ad evitare pregiudizi fin dall’inizio della raccolta dei dati. Va aggiunto che se i registri con le segnalazioni dei risultati ottenuti vengono mantenuti dettagliati, si riduce la possibilità di commettere errori. Ogni segnalazione relativa ai risultati, anche quelli che non sembrano importanti, deve essere presente e esserlo in modo onesto. I limiti del proorio studio devono essere espressi in modo chiaro ed onesto nel rapporto finale sui risultati.

Il bias di ricerca si verifica quando i ricercatori cercano di influenzare i risultati del loro lavoro, al fine di ottenere il risultato desiderato. Spesso i ricercatori non sono del tutto consapevoli di ciò che stanno facendo. Che ne siano consapevoli o meno, è evidente che tale comportamento pregiudica gravemente l’imparzialità di uno studio e riduce notevolmente il valore dei risultati.

E’ evidente come sia fondamentale che i ricercatori debbano cercare di evitare pregiudizi di conferma, pregiudizio che si verifica proprio quando i dati vengono iinterpretati n un modo che supporti l’ipotesi dei ricercatori stessi. Questo fenomeno viene anche denominato “profezia che si autodetermina” che in questi casi si manifesta inducendo inconsapevolmente il ricercatore a “vedere”, selezionare ed interpretare i dati in funzione dell’ipotesi (o tesi) da lui sostenuta indipendentemente dallo svolgimento della ricerca stessa. Per evitare ciò, sarebbe auspicabile, in primo luogo, che il ricercatore si assicurasse di analizzare tutti i dati, inclusi quelli che sembrano inutili; in seconda istanza,  che il lavoro, idealmente più volte durante il tuo studio, venisse controllato da una persona indipendente, quindi più imparziale e meno coinvolta nell’oggetto e nell’obiettivo della ricerca. Per ridurre al minimo il bias di conferma, devono essere considerati tutti i dati ottenuti analizzandoli con mente per quanto possibile (assai difficile) lucida ed imparziale. Inoltre, dovranno essere rivalutate continuamente le impressioni e le risposte assicurandosi che le ipotesi preesistenti siano tenute a bada.

Questo indica in parte cosa possono fare i ricercatori. Ma per quanto riguarda il pregiudizio dei partecipanti? In che modo lo si può evitare o ridurre?

A proposito del tipo di domande, per evitare che le persone possano cambiare le loro risposte alle domande dirette per fare una buona impressione si potrebbero porre domande indirette. Ad esempio, se si chiede loro  cosa potrebbe pensare un amico od un collega in merito, si potrebbe ottenere una risposta più sincera. A maggior ragione le domande aperte risultano ancora più utili, in quanto consentono alle informazioni di fluire più liberamente, non forzando un insieme limitato di risposte. Ma anche queste andrebbero usate con cautela . L’ideale sarebbe cercare di essere imparziale su tutte le parti dello studio ed evitare di insinuare che esista una risposta giusta. Per ottenere questo potrebbe essere utile anche chiedere alle persone di valutare le loro risposte su una scala da 1 a 5, ad esempio, piuttosto che “essere d’accordo/non essere d’accordo”.

Un’altra questione ha a che fare con le domande distorte che dovrebbero essere evitate riformulandole o rimuovendole. Meglio ancora sarebbe inquadrare una domanda in modo neutrale. Mantenendo le domande neutre, si riduce la distorsione delle domande. A tale scopo, è necessario concepire, scrivere domande semplici, chiare e concrete che consentiranno di ridurre i possibili malintesi.

Dapprima vanno dunque considerati i potenziali pregiudizi durante la costruzione dell’intervista e ordinare le domande in modo appropriato. E’ meglio all’inizio porre domande generali, prima di passare a domande specifiche o delicate. Sebbene il pregiudizio dell’ordine delle domande a volte sia inevitabile, porre domande generali prima di quelle specifiche e domande positive prima di quelle negative, ridurrà al minimo il pregiudizio.

In ogni caso, identificare ed evitare i bias di ricerca nella ricerca qualitativa è chiaramente complicato, con molti fattori diversi da considerare. La ricerca parziale ha poco valore; è uno spreco di tempo e risorse preziose per i ricercatori. Tuttavia, la ricerca affrontata come esplorazione in toto è anche vitale quando i risultati sono una “scoperta”.

Carmen Cini

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