La nostra mente può essere vista come una cassetta degli attrezzi evolutiva piena di regole create e trasmesse geneticamente, culturalmente ed evolutivamente.
(Gerd Gigerenzer)
Tradizionalmente l’euristica (dal greco εὑρίσκω heurískein: trovare, scoprire) è quella parte dell’epistemologia e del metodo scientifico che tende a stimolare nuovi sviluppi teorici e favorire scoperte empiriche. Dal punto di vista pratico, si tratta di un insieme di strategie, tecniche e procedimenti inventivi per ricercare un argomento, un concetto o una teoria adeguati a risolvere un problema dato (fonte: treccani). Il ricorso alle euristiche è una procedura cognitiva vincente, derivante dal processo filogenetico evolutivo, che ha risolto spesso in modo positivo situazioni nelle quali la rapidità di decisione ha priorità sulla ponderatezza. In altre parole, la possiamo definire una “scorciatoia decisionale”. In questa accezione l’euristica diviene una procedura mentale di semplificazione che, a un certo momento, serve per trovare una soluzione semplice e accettabile ad un problema.
È anche vero che l’euristica corrisponde anche allo studio delle scorciatoie mentali in cui possono incorrere degli errori/distorsioni cognitivi, i cosiddetti “bias” (dal francese provenzale: obliquo o inclinato; e prima ancora dal latino e dal greco: epikàrios: obliquo). Infatti, l’applicazione di tali scorciatoie mentali, non sempre porta al risultato desiderato, e questo a causa del fatto che i bias tendono a variare in funzione della fase del processo decisionale in cui intervengono (definizione del problema, obiettivi, scelta dell’alternativa, risoluzione, valutazione dei risultati) e del contesto in cui si applica la “scorciatoia decisionale”. I bias cognitivi (ne parleremo in articoli successivi) sono quindi costrutti fondati, al di fuori del giudizio critico, su percezioni errate o deformate, su ideologie e pregiudizi che consentono di prendere decisioni utilizzati spesso per prendere decisioni in fretta e senza fatica, ma che possono anche indurre in errore.
In questo senso, gli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky sono stati dei pionieri negli studi sulle distorsioni del giudizio (errori cognitivi). Le loro ricerche sperimentali hanno portato ad una conclusione rivoluzionaria riguardo alla mente umana, per cui gli individui prendono le loro decisioni ricorrendo, piuttosto che a sofisticati processi razionali, ad un numero limitato di euristiche (scorciatoie mentali irrazionali).
Kahneman, psicologo israeliano, e Gigerenzer, psicologo cognitivo germanico, hanno un’idea diversa di euristica. Quella di Gigerenzer è ispirata al concetto di “idea razionale” per cui l’euristica è quel comportamento delle persone che risponde all’ambiente di riferimento, un ambiente che rende difficile la scelta e si adatta allo stesso e ne risponde ecologicamente. Una sorta di razionalità limitata dall’ambiente, mentre Kahneman più che altro fa riferimento ai limiti cognitivi e quindi considera l’euristica proprio dal punto di vista di quelli che sono i limiti strutturali della decisione connessi alla struttura del cervello umano.
Daniel Kahneman, Nobel prizes economics nel 2002, nel suo celebre saggio “Pensieri lenti e veloci” (pubblicato nel 2011) descrive i due tipi di pensiero di cui siamo dotati noi esseri umani. Mentre il sistema 1 (pensiero intuitivo o euristico) funziona automaticamente e quindi in modo veloce e senza sforzo, lavora in modo parallelo e associativo e richiede un lento apprendimento ma che poi è difficile da controllare o modificare; il sistema 2 (pensiero razionale) opera in modo faticoso e secondo delle regole, funziona in modo lento, sequenziale, flessibile e deliberatamente controllato. Dunque, continuiamo a credere di essere sempre razionali e di agire sotto l’egida razionale, ma ahimè non è così! L’attento sistema 2 è quello che pensiamo di essere. Il sistema 2 articola i giudizi e compie le scelte, ma spesso appoggia o razionalizza idee e sentimenti che sono stati generati dal sistema 1. […] Ma il sistema 2 non è lì solo per giustificare il sistema 1: ci impedisce di esprimere apertamente molti pensieri sciocchi e di dare sfogo a impulsi inappropriati.
Gerd Gigerenzer ha studiato a lungo le euristiche proponendo nel 2001 l’impiego di una razionalità ecologica secondo la quale un’euristica è razionale se si adatta alla struttura dell’ambiente in cui viene applicata. In altre parole, il ns “cervello ecologico” ha imparato ad adattarsi ai diversi ambienti ricorrendo a decisioni euristiche allo scopo di ottimizzare il rapporto costi mentali (dispendio energetico) /opportunità, di modo che i primi non superassero i secondi. D’altra parte se l’Homo Sapiens non avesse fatto così probabilmente si sarebbe già estinto!
La cosiddetta “cassetta degli attrezzi” cui fa riferimento lo studioso germanico, include quindi tutta una serie di euristiche ereditate geneticamente, culturalmente, evolutivamente ed esperite ciascuno nel proprio ambiente che possono essere utilizzate automaticamente in condizioni di incertezza senza alcuno sforzo. È il caso di quelle che chiama “decisioni intuitive” (titolo di un suo famoso saggio pubblicato nel 2009) che, se fondate su esperienza e conoscenza in quello specifico ambito, possono essere considerate “buone intuizioni” che come tale vanno oltre la logica.
È questa la ricerca che Gigerenzer sta portando avanti oramai da anni presso l’Istituto di ricerca Max Planck di Berlino di cui è direttore dal 1997. Si tratta di uno studio che ha lo scopo di guardare più da vicino queste intuizioni e cercare di comprendere quale sia il loro processo e quale sia il loro segreto. In sostanza, capire quando sia meglio fare affidamento sulle proprie intuizioni e quando invece solo sul pensiero razionale. Imparare quando credere all’intuizione, quando è il caso di non pensare troppo o trascorrere troppo tempo a farlo. Noi dovremmo tornare ad una società in cui sia possibile considerare le intuizioni e il pensiero sullo stesso piano come due strumenti a nostra disposizione e comprendere di volta in volta a quale di questi strumenti affidarci.
Ad esempio, il sistema 2, alias pensiero razionale, dovrebbe entrare in gioco soprattutto quando ci troviamo in una situazione complessa e a noi sconosciuta. D’altra parte l’intelligenza che abbiamo è inconscia: se si è degli esperti è meglio credere alla prima intuizione e non pensare troppo a lungo. Insomma, possiamo allora permetterci il lusso di smettere di pensare se e solo se siamo esperti in un determinato campo!?
Carmen Cini
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