Il sistema concettuale e la categorizzazione – parte 1
Noi non vediamo le cose per come sono;
vediamo le cose per come siamo
Talmud
Nelle parti precedenti sono stati brevemente analizzati gli strumenti logici necessari per lo studio dei processi inferenziali del ragionamento umano. Ora bisogna spingerci ancora più in profondità per capire quali siano gli strumenti concreti della ragione umana e come questi possano essere i “mattoni” con i quali costruire quello che è stato definito “il mondo quotidiano” frutto dei processi di naturalizzazione e banalizzazione.
Dobbiamo quindi ragionare intorno a come si costituisce il sistema concettuale e come questo sia utilizzato per categorizzare gli stimoli ambientali.
Per sistema concettuale si intende l’insieme dei concetti depositati nella nostra memoria a lungo termine [MLT] (in maniera più specifica nella memoria semantica) per mezzo dell’apprendimento. Ogni concetto è la rappresentazione mentale di un insieme di oggetti o eventi (categoria) e delle proprietà loro associate.
La categorizzazione è il processo attraverso cui uno stimolo viene “riconosciuto” e ricondotto alla categoria corrispondente, anche se non abbiamo mai fatto esperienza di quello specifico esemplare. Tale processo può essere deduttivo (se utilizziamo regole) o abduttivo (se utilizziamo somiglianze).
Il fine dell’apprendimento è, attraverso l’osservazione di associazioni fra una serie determinata di fenomeni, poter stabilire delle regole di correlazione fra gli eventi stessi. La possibilità di costruire un aspetto normativo ha avuto, nel corso dell’evoluzione umane, notevoli vantaggi da un punto di vista adattativo. Attraverso la costruzione di un sistema concettuale che permette di ascrivere un singolo esemplare entro il concetto a cui esso appartiene, l’essere umano ha potuto dare un ordine tassonomico al mondo in cui vive, facendo dell’ambiente esterno il suo mondo (In-Welt-Sein). La concettualizzazione permette quindi la semplificazione del mondo stesso.
Come si formano i concetti?
Dobbiamo distinguere i concetti rappresentati da regole logiche descrivibili con il calcolo proposizione, e i concetti rappresentati da prototipi costituiti da insiemi di indizi diagnostici di tipo probabilistico.
Al primo tipo di concetti (basati su regole) fanno parte tutti quelli che posso essere estratti da definizioni sintetiche di tipo deduttivo.
Prendiamo come esempio il concetto [triangolo]. Qualsivoglia elemento x (in qualsiasi infinita possibilità) è un triangolo se e solo se soddisfa la definizione “una porzione di piano delimitata da tre lati e tre angoli la cui somma è 180°”. In quanto definizione di tipo deduttivo ha un carattere di necessità ovvero non può essere diverso da ciò che è.
Più interessanti (ma molto più complessi) sono i concetti che non derivano da regole di tipo logico/matematico e per i quali non è possibile fornire una definizione univoca.
Fanno parte di questi concetti tutti quelli derivanti dal mondo empirico con il quale siamo a contatto quotidianamente. Pensiamo alla domanda “che cosa è un cane?” Τί έστι [Ti estì] – che cosa è – è forse la domanda più famosa della storia della filosofia, la domanda con cui, prima Socrate e poi Platone, volevano rifondare la società ateniese, una rifondazione al tempo stesso epistemologica, sociale, morale e educativa.
Possiamo pensare un concetto e il sistema concettuale attraverso la nozione di classe di Bertrand Russell. Schematicamente possiamo definire alcuni presupposti.
- Esistono entità logiche denominate “classi” o insiemi che raccolgono tutti gli oggetti aventi una medesima proprietà, che ne sono membri o elementi
- Per ogni proposizione si può dire se è vera oppure falsa
- Definendo una classe, si crea anche la classe di tutti gli oggetti residui, cioè che non appartengono a quella classe
- Un sistema si dice completo se per ogni oggetto logico si deve poter dire se appartiene o meno ad una determinata classe
- Un sistema si dice coerente se dato un elemento esso non può appartenere contemporaneamente ad una classe e alla classe residua.
Ad esempio dati elementi A (alano), B (setter), C (chihuahua) possiamo affermare che appartengono, pur nelle loro notevoli differenze, alla classe (o concetto) [cane].
Tuttavia non esiste una regola logica di tipo deduttivo che possa definire in maniera univoca e necessaria cosa sia un cane e cosa non lo sia. Come è possibile, in questi casi, parlare di concetti?
Come modello esplicativo si farà riferimento alla teoria dei prototipi [E. Rosch 1973] secondo cui il sistema cognitivo è in grado di astrarre, a partire di tratti comuni dei vari esemplari osservati, uno schema o prototipo del concetto. Secondo tale teoria una categoria è rappresentata nella mente da un prototipo, una rappresentazione di uno o più esemplari medi non necessariamente esistenti. Il prototipo non sarebbe altro che un elenco di attributi frequentemente osservati nei suoi esemplari, pur non essendo necessariamente presente in tutti. Attributi che possono essere tipici, che formano una tendenza centrale, ma nessuno di essi ha carattere di necessità. Si parla di cue validity (validità di indizio) per indicare la salienza di un attributo per consentire di riconoscere un oggetto come appartenente o non appartenente a una determinata categoria. Si parla di attributi ad alta e bassa diagnosticità.
Il riferimento a una “media” tra esemplari suggerisce che la logica di riferimento non sia quella logico-deduttiva del calcolo proposizionale, ma quella probabilistica di tipo baynesiano.
0 comments on “La creazione del MONDO QUOTIDIANO. Un approccio di dialogo fra PSICOLOGIA e FILOSOFIA. IL SISTEMA CONCETTUALE E LA CATEGORIZZAZIONE – PARTE 1” Add yours →