L’11 aprile 1963 Papa Giovanni XXIII pubblica l’Enciclica “Pacem in terris”: la Pace tra tutti i popoli deve essere Basata sulla Verità, sulla Giustizia, sull’Amore e sulla Libertà
Quando papa Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli, 262° Papa tra il 1958 e il 1963) emanò la “Pacem in terris” nel 1963, il Concilio Vaticano II era ancora in corso. Era il periodo della Guerra Fredda, della costruzione del Muro di Berlino e di una crescente minaccia di guerra nucleare. Anche conosciuto con il titolo inglese “Peace on Earth”, “Pacem in terris” nacque nella mente del Beato Giovanni XXIII nell’autunno del 1962 durante la crisi dei missili cubani, quando servì da canale secondario tra il presidente John F. Kennedy e il leader sovietico Nikita Khrushchev, sollecitando il dialogo per porre fine al confronto più pericoloso della guerra fredda. Infatti, “Pacem in terris” fu una risposta alla crisi dei missili cubani che fece evitare per un soffio una guerra nucleare. Per il papa la crisi dei missili fu un momento profetico. Offrì un messaggio di pace alle superpotenze bloccate in una competizione minacciosa per il mondo. Fino al suo intervento, quella gara era stata definita da strategie di guerra ultrarealistiche. La sua era la classica parola di un profeta: un appello di un uomo di Dio agli uomini di potere. Sfidando le supposizioni realistiche degli strateghi della guerra fredda, respinse la nozione generalmente condivisa di distruzione reciprocamente assicurata – che un equilibrio di armi assicurasse la pace tra le nazioni – sostenendo invece che “la solida pace delle nazioni consiste … solo nella fiducia reciproca”.
“Pacem in terris” si concentra, dunque, sui temi della pace in un’era nucleare. Rivisita l’applicazione dei criteri della teoria della guerra giusta alla luce dello sviluppo di queste nuove armi di distruzione di massa. Esamina le relazioni tra gli esseri umani, le relazioni tra cittadini e autorità pubbliche, le relazioni tra gli Stati e, infine, le relazioni tra le persone e gli Stati nella comunità internazionale. Stabilisce diritti e doveri in tutte queste aree. Mentre Papa Pio XII era così deluso dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo da lasciarla sotto silenzio, Giovanni XXIII accolse e affermò in questa enciclica un’ampia gamma di diritti umani. In altre parole, si distingue anche per la sua dettagliata riflessione sui diritti umani e in quanto tale fu vista proprio come una carta cattolica dei diritti umani. Come i profeti prima di lui, anche papa Giovanni ha avuto una visione da condividere con la famiglia umana. “Pacem in terris” proiettava un mondo in cui la pace sarebbe stata raggiunta da governi dediti all’adempimento dei diritti umani e in cui sarebbero state istituite istituzioni globali per affrontare i bisogni globali.
La metodologia di “Pacem in Terris” è deduttiva e classicista. Dichiara che la pace può essere raggiunta solo obbedendo alla legge di Dio. L’enciclica, dopo aver esposto i principi desunti dalla legge naturale per ciascuna area interessata, esamina le “caratteristiche dei giorni nostri” oi “segni dei tempi”. La parte V, dedicata alle esortazioni pastorali, fa appello alla Scrittura nei suoi ultimi paragrafi. Era la prima volta che un importante documento di Insegnamento Sociale Cattolico veniva indirizzato non solo ai cattolici ma a tutte le persone di buona volontà. Fu anche la prima volta che un’enciclica sociale usò il linguaggio dei “segni dei tempi”. Questo indicò l’inizio di un cambiamento nella metodologia teologica degli insegnamenti. “Pacem in terris” rimane uno dei più ampi elenchi e affermazioni dei diritti umani nell’insegnamento sociale cattolico
L’immagine in cover è stata modificata, l’originale utilizzata si trova qui: sangiusepperovereto.diocesitn.it
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