Un’affascinante ipotesi sull’origine del linguaggio afferma che le capacità linguistiche si sarebbero evolute attraverso la progressiva selezione e associazione tra atti intenzionali – coordinati in una dinamica intersoggettiva – e suoni. Quindi, proseguendo su questo piano e portando il livello dell’interazione all’interno di una dinamica di gruppo in un dato contesto e dentro un fluire temporale, possiamo supporre che possano emergere con il passare del tempo dei fenomeni narrativi che, nel loro insieme, nel momento in cui risulteranno stabili o “ridondanti”, permetteranno l’emersione del fenomeno culturale.
A questo proposito il biologo Humberto Maturana sostiene che
una cultura è una rete chiusa di conversazioni all’interno di un interlacciamento continuo tra il linguaggio e le esperienze emotive ad esso associate.
Tali esperienze emozionali determinano nel loro dispiegarsi il senso operativo procedurale direzionando la nostra esistenza all’interno di un dato contesto di vita. Una volta che il fenomeno culturale viene a stabilizzarsi si evidenzia la formazione di specifici campi semantici di significato che definiscono i riferimenti di appartenenza di ciò che viene descritto dalla “narrativa” che determina la “cultura”.
All’interno di questi campi semantici descrittivi si possono evidenziare dei copioni narrativi tipici della cultura di riferimento connessi al campo semantico corrispondente.
In altre parole, se ipotizziamo che come soggetti siano immersi all’interno di una data dinamica condivisa di riconoscimento intersoggettivo accettato e determinato dal riconoscimento emozionale di appartenenza, possiamo anche ipotizzare che siamo condotti a descrivere la realtà in una maniera determinata direttamente ascrivibile ai campi semantici tipici della cultura di riferimento.
Quindi, se accettiamo questo punto di vista epistemologico, risulta evidente che la dinamica appena descritta ci permette di operare distinzioni su cui possiamo poggiare le nostre previsioni operative e allo stesso tempo comprendere e prevedere il significato operativo delle narrazioni provenienti dai nostri interlocutori.
Tornando all’argomento del nostro articolo, possiamo iniziare a tessere la nostra tela di congiunzioni che ci dovrebbe restituire una serie di elementi connessi, capaci di fornirci una spiegazione plausibile di questi straordinari fenomeni di “lettura della mente”. Come prima cosa dobbiamo sostenere che plausibilmente questo tipo di fenomeni non è solo ad appannaggio delle esperienze psicoterapeutiche, ma è da ricondursi a quegli eventi naturali che si amplificano all’interno di relazioni, che per loro natura, assumono un valore altamente emotivo. Procedendo per ordine risulta evidente, da quanto detto in precedenza, che la realtà intersoggettiva è mediata da un sistema di riflessioni incrociate (effetto mirroring) attraverso il quale comprendiamo e prevediamo la realtà dei nostri consimili. Il processo di identificazione che ne consegue è ipotizzabile essere alla base dell’esperienza dell’empatia, cioè di quel senso di riconoscimento che ci permette di comprendere i sentimenti degli altri. Ne consegue il fenomeno dell’emergere della narrazione condivisa, cioè di quella serie di stati di attivazione psicofisiologica che verranno in seguito descritti attraverso l’uso dei campi semantici determinati dalla cultura di riferimento.
Proviamo ad ipotizzare un esempio: il nostro interlocutore ci sta raccontando una storia fortemente connotata da un punto di vista emozionale, il nostro sistema di neuroni specchio – stimolato dal linguaggio – ricostruisce gli stati di attivazione tipici dell’esperienza. Quindi noi possiamo, in un certo senso, vivere quell’esperienza e di conseguenza comprenderla e poi rinarrarcela attraverso l’evocazione dei copioni narrativi richiamati dai campi semantici. Ed è qui che la dinamica culturale gioca il suo ruolo nell’evocare una narrazione condivisa e riconoscibile dai soggetti impegnati nello scambio comunicazionale, in una sorta di riproduzione olografica dell’esperienza. L’ologramma infatti presenta una caratteristica affascinante: qualsiasi parte dell’ologramma contiene tutto l’ologramma. L’ipotesi e già stata espressa dal neurofisiologo Karl Pribram che ipotizza che i processi che danno vita alla mente si possano paragonare ad un generatore olografico.
Noi comunichiamo e comprendiamo la realtà intersoggettiva all’interno di un reciproco fenomeno incarnato di “lettura” delle mente.
Ma come possiamo sviluppare al meglio questa possibilità incarnata?
Credo che mai come ora ci dobbiamo far risuonare nella mente le parole di Wilfred Bion: “… senza memoria e senza desiderio”.
0 comments on “La comunicazione inconscia – parte 2” Add yours →