Quante volte all’interno dell’incontro comunicativo ci siamo trovati sorpresi dalle parole che uscivano dalla nostra bocca. Con il nostro interlocutore che ci guardava stralunato con uno sguardo simile ad uno che ha appena visto un fantasma: “Ma lei dottore come conosce queste cose? Mi ha letto nella mente?”.
E noi, con un fare imbarazzato: “Non lo so! Mi sono venute in mente e le ho dette, forse i nostri inconsci stanno comunicando. Sa, Jung parlava e ipotizzava l’esistenza di un inconscio collettivo con cui noi possiamo creare dei contatti fuori dalla nostra comprensione conscia: forse è da lì che mi sono venute queste parole”.
Nella storia della ricerca psicologica si sono susseguiti diversi studi sull’argomento, ma nessuno è riuscito a generare dati che ci possano rendere una comprensione della fenomenologia psicofisiologica di questi oscuri fenomeni comunicativi. Persino Freud si trovò ad affrontare l’argomento senza ipotizzare nessuna spiegazione scientificamente indagabile. A sua difesa, comunque, possiamo affermare che logicamente il padre della psicoanalisi non poteva conoscere quello che oggi sappiamo sul funzionamento del cervello.
A tutt’oggi l’ipotesi esplicativa più convincente rimane ancora quella che teorizza l’esistenza di un livello subliminale della comunicazione, cioè di un linguaggio che si manifesterebbe nella relazione intersoggettiva fuori dalla consapevolezza dei soggetti. In effetti, nel corso del tempo, molti dati sperimentali hanno corroborato l’esistenza di forme di apprendimento al di fuori dell’esperienza percettiva cosciente, senza però fornirci una chiara immagine di come questo si verificasse in senso fenomenico. Forse oggi, a seguito della straordinaria scoperta dei cosiddetti neuroni specchio, operata del team del Prof. Rizzolatti dell’Università di Parma, sono state evidenziate una serie di strutture neuronali che con il loro funzionamento sono capaci di restituirci un modello esplicativo plausibile di questa straordinaria e misteriosa potenzialità del cervello, che nella specie umana, grazie ai complessi fenomeni linguistici di cui siamo capaci, ha la sua massima espressione.
La scoperta dei neuroni specchio è scaturita da una serie di eventi casuali: il team del Prof. Rizzolatti stava testando la funzionalità di una serie di neuroni motori in alcune scimmie quando a seguito di un evento fortuito (un ricercatore mangiò inavvertitamente delle noccioline davanti agli animali), gli scienziati si resero conto che alcuni neuroni della scimmia avevano scaricato come se fosse stato l’animale stesso a compiere l’atto del cibarsi. I ricercatori, incuriositi dall’evento, approntarono una serie di esperimenti che dimostrarono l’esistenza di alcuni neuroni “anomali” situati nella corteccia premotoria a cui fu dato il nome di neuroni specchio. Cioè neuroni dotati di una funzionalità riflessa che si manifesta nel momento in cui “osserviamo” un nostro consimile compiere un determinato atto. O come è stato evidenziato dalla scoperta dei neuroni specchio anche nella corteccia uditiva, dalla semplice produzione fonetica dell’eloquio. Attraverso il funzionamento di questi particolari neuroni il cervello sperimenta una “simulazione” dell’azione evocata sia visivamente che acusticamente, attivando il pattern neurale specifico che ne sta alla base. In altre parole “intuiremo” le intenzioni dei nostri consimili attraverso questo meccanismo a specchio in base ad una riproduzione del pattern sinaptico dell’azione evocata, come se fossimo noi ad attuarla.
La funzione di rispecchiamento neurale e il conseguente confronto con i pattern neurali memorizzati presenti nel sistema nervoso permette lo sviluppo di una capacità astrattiva inferenziale nei riguardi della dinamica intenzionale di un altro soggetto osservato come elemento diverso dal nostro personale senso del Sé e con una finalità propria orientata verso uno scopo.
Quindi, se quello che diciamo è vero, l’anomalo funzionamento di questo tipo di neuroni dovrebbe determinare un’alterazione della percezione e una decodifica dell’intenzionalità altrui. In effetti esperimenti su soggetti affetti da autismo hanno evidenziato delle risposte elettroencefalografiche anomale nelle zone dove si concentrano questi particolari tipi di neuroni. Questo non significa che sia stata scoperta la causa di questa grave forma di psicosi, ma l’ipotesi che l’autismo abbia a che fare con un anomalo funzionamento del sistema dei neuroni specchio ha un suo valore essendone dimostrabile la correlazione fattuale. L’esistenza dei meccanismi specchio con i relativi neuroni è stata riscontrata in diverse parti del cervello, come per esempio – oltre alle già citate funzioni visive e uditive – nelle strutture neuronali connesse alle funzioni linguistiche. D’altronde, sia l’area di Broca che l’area dl Wernike, sono contigue alle strutture premotorie della corteccia cerebrale.
Interessante scoperta quella dei neuroni dotati di una funzionalità riflessa.Chi ha avuto un’esperienza di pre-morte, ha poi sempre raccontato di un’avvenimento appena pensato ed immediatamente visto realizzarsi.La mente umana è ancora un enorme enigma da scoprire e servirà un’altra vita per cominciare a capirci qualcosa.