La persuasione

La creazione del MONDO QUOTIDIANO. Un approccio di dialogo fra PSICOLOGIA e FILOSOFIA. La PERSUASIONE

In psicologia il termine persuasione definisce quel processo che, mediante atti di comunicazione, conduce alla formazione, rafforzamento o modifica degli atteggiamenti che, come abbiamo visto nelle sezioni ad essi dedicati, hanno la stessa funzione degli schemi cognitivi…
 

La Persuasione

Con questa sezione prende avvio l’ultima parte di questo lungo articolo nel quale si è cercato di proporre una ipotesi teorica circa la creazione di quello che abbiamo definito il mondo quotidiano, il nostro In-der-Welt-Sein , attraverso un dialogo tra filosofia e psicologia per mezzo di strumenti che ci hanno aiutato ad approcciarci alla problematica in maniera organica e non specialistica in maniera univoca.

Cogliere le sfide della complessità significa infatti accogliere l’epistemologia della complessità cercando di andare oltre le dualità, gli antagonismi, gli arroccamenti teorici che non hanno altra conseguenza che restringere sempre più la prospettiva attraverso cui guardiamo al mondo, alla società, alla storia. La complessità ci spinge a pensare altrimenti, a pensare ad un possibile, a smascherare quegli assunti di ovvietà che rendono stagnante il pensiero che da produttivo diventa ri-produttivo, copia sbiadita del reale. Significa accogliere l’Urfrage, la domanda primigenia dell’atteggiamento filosofico, chiedersi il perché delle cose.

Nelle prime parti di questo studio si era accennato alla pericolosità insita nel concetto di questo mondo quotidiano laddove questo si manifesta nelle strutture e nelle forme del già-dato, del presupposto, dell’ovvio, del così-è-perché-così, dove domanda e risposta arrivano a coincidere in una tautologia. Eppure, di questo l’essere umano, in quanto organismo biologico, ne ha bisogno come  strategia adattativa al mondo esterno. Attraverso l’applicazione dei suoi schemi l’essere umano ha trasformato il mondo esterno in un mondo-per-l’uomo, sovrapponendo alla natura, una seconda natura.

La pericolosità sussiste nel fatto che proprio le funzioni mentali e cognitive che hanno permesso questo, prestano il fianco alla manipolazione; l’analisi del concetto di persuasione ha come fine mostrare come questo possa accadere da un punto di vista psicologico.

GLI ELEMENTI DELLA PERSUASIONE.

In psicologia il termine persuasione definisce quel processo che, mediante atti di comunicazione, conduce alla formazione, rafforzamento o modifica degli atteggiamenti che, come abbiamo visto nelle sezioni ad essi dedicati, hanno la stessa funzione degli schemi cognitivi.

Le componenti principali prese in esame dagli psicologi sociali sono quattro:

  1. Fonte del messaggio – Risponde alla domanda “Chi”
  2. Il contenuto del messaggio – Risponde alla domanda “Che cosa”
  3. 3. Il canale – Risponde alla domanda “Come”
  4. Il ricevente – Risponde alla domanda “A chi”

La fonte

Così come già teorizzato dall’arte oratoria classica (Cicerone, Quintiliano), gli psicologi sociali hanno visto come l’oratore influisce su come l’ascoltatore riceve il messaggio.  Cosa rende una fonte più persuasiva di altre? Credibilità, la percezione di competenza, la percezione di affidabilità, l’aspetto attrattivo della fonte.

Lo psicologo Robert Cialdini nel testo “Influence: Science and practise” ha elencato i sei principi della persuasione.

  1. Autorità: le persone si rivolgono a esperti credibili
  2. Simpatia: le persone rispondono positivamente a chi risulta simpatico
  3. Prova sociale: le persone seguono l’esempio di altri per convalidare i propri pensieri, sentimenti, azioni
  4. Reciprocità: le persone si sentono obbligate a restituire ciò che hanno ricevuto
  5. Coerenza: le persone tendono a onorare gli impegni presi pubblicamente
  6. Scarsità: le persone apprezzano ciò che è limitato

Lo psicologo sociale Carl Hovland dell’università di Yale, durante la Seconda Guerra Mondiale, diede avvio allo studio sulla persuasione, con i suoi lavori per il Dipartimento di Guerra degli Stati Uniti con l’intento di motivare, sollevare il morale dei soldati inviati al fronte.

Di ritorno a Yale, finita la guerra, l’equipe di ricerca continuò a studiare che cosa rende un messaggio persuasivo, diversificando i fattori connessi ai quattro fattori sopra elencati.

Nel 1978 la prospettiva assunta dai ricercatori di Yale prende il Paradigma dell’elaborazione dell’informazione (o Paradigma McGuire) che vede la persuasione come un processo che implica diverse fasi: esposizione del soggetto al messaggio, attenzione al medesimo, comprensione del suo contenuto, accettazione della posizione in esso sostenuta, memorizzazione della stessa e azione. Secondo questo modello la persuasione ha successo solo se si verificano tutte le fasi.

Ogni fattore che aiuta le persone a passare da una fase all’altra aumenta la probabilità che vi sia persuasione. Ad esempio, una  fonte attraente aumenta l’attenzione verso il messaggio e questo aumenta la possibilità che il messaggio stesso possa risultare persuasivo.

A differenza dei ricercatori di Yale che consideravano il ricevente come un soggetto passivo, i ricercatori della State University dell’Ohio, ideatori dell’approccio della risposta cognitiva, consideravano il soggetto come parte attiva del processo cognitivo, poiché ritenevano che gli atteggiamenti pregressi delle persone fossero importanti ai fini della risposta ai messaggi persuasivi.  A loro avviso l’esito del processo persuasivo è il risultato dell’utilizzo di una attività di Information-processing.

Due sono i modelli sviluppati all’interno di questo approccio: Modello della probabilità dell’elaborazione – Elaboration Likelihood Model [ELM] – di Richard Petty e John Cacioppo e il Modello euristico – sistematico – Heuristic- Systemic Model [HSM] – di Alice Eagly e Shelly Chaiken che verranno analizzati nel prossimo articolo. 

 

Nicola Carboni

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