La creazione del mondo quotidiano. Un approccio di dialogo fra psicologia e filosofia. L'apprendimento

La creazione del mondo quotidiano. Un approccio di dialogo fra psicologia e filosofia. L’apprendimento

In questa seconda parte tratteremo l’apprendimento da un punto di vista particolare che abbiamo…
 

La creazione del mondo quotidiano. Un approccio di dialogo fra psicologia e filosofia.
L’apprendimento

In questa seconda parte tratteremo l’apprendimento da un punto di vista particolare che abbiamo definito approccio computazionale volto a rispondere alla domanda “cosa apprendiamo” indipendentemente dalla modalità, dal come, si apprende. Ogni organismo vivente deve apprendere alcune relazioni che governano il suo ambiente per potersi adattare e sopravvivere. Lo studio di relazioni tra eventi si basa su due aspetti: il ruolo delle informazioni di tipo statistico (basate cioè su campioni di osservazione) e il ruolo delle conoscenze precedenti. L’obiettivo di ogni apprendimento circa relazioni causali tra eventi è duplice: prevedere conseguenze  (C) di determinati stimoli (S) e se necessario reagire, e intervento, la capacità di prevedere quali comportamenti attivi rivolti verso l’ambiente produrranno determinati eventi. Le osservazioni delle concomitanze tra due eventi, che chiameremo Stimolo (S) e Conseguenza (C) possono essere illustrate in una tavola di contingenza di questo tipo:

  Conseguenza presente Conseguenza assente
Segnale presente (+) a b
Segnale assente   (- ) c d

Ogni insieme di osservazioni illustrate da una tavola di contingenza può essere sintetizzato in due valori di probabilità condizionale:

  1. probabilità della conseguenza dato il segnale: P(C|S)= a / (a+b)
  2. probabilità della conseguenza in assenza di segnale: P(C|¬S)= c / (c+d)

La differenza tra le due probabilità condizionali chiamata ΔP è la misura, da un punto di vista algoritmico, di covariazione (quanto due variabili variano assieme). In psicometria, lo studio statistico applicato alla psicologia, per covarianza di due variabili Ae B la tendenza che esse hanno a variare insieme e non coincide con il concetto di causazione o regressione che indica invece la catena causa-effetto di due variabili.

Il  ΔP= a / (a+b) –  c / (c+d) indica la forza della relazione tra lo stimolo e la conseguenza; se il valore è positivo la presenza del segnale produce in incremento di aspettativa della conseguenza.

Un esempio pratico può essere utile per chiarire meglio questo concetto:

  Malattia presente ( +) Malattia assente ( – )
Sintomo presente (+) 84 21
Sintomo assente   (- ) 36 9

Su un totale di 150 ricoverati, 84 pazienti presentano un certo sintomo e una certa malattia (cella a); 21 presentano i sintomi ma non la malattia (cella b); 36 non presentano il sintomo  ma presentano la malattia (cella c); p pazienti non presentano né il sintomo né la malattia.

La domanda è: la presenza del sintomo è diagnostica della malattia?

P(C|S)= a / (a+b) = 84/105 = 0.8 ovvero l’80% dei pazienti con quel sintomo ha quella malattia.

Verrebbe da rispondere che la presenza del sintomo è indice diagnostico della malattia, tuttavia analizzando P(C|¬S)= c / (c+d) = 36/ 45 = 0.8

quindi ΔP= a / (a+b) –  c / (c+d) = 0.8 – 0.8 = 0 ovvero il sintomo non è diagnostico, la sua incidenza non aggiunge ne toglie nulla alla probabilità che sia presente la malattia.

Questo semplice esempio è chiamato algoritmo e tiene conto, nel calcolo della probabilità, tutte le possibilità.

In generale possiamo affermare che i meccanismi di apprendimento di relazioni tra eventi basate sull’esperienza diretta cercano di individuare predittori affidabili e potenziali cause di eventi più o meno significative. Per fare questo ci si avvale di molteplici indizi in particolare la salienza degli stimoli, la loro varianza, la stima del loro  ΔP e la possibilità di essere agenti attivi.

Dobbiamo chiederci però se questo è il reale funzionamento della ragione umana, se effettivamente  tiene conto, nell’atto della decisione o nell’atto di conoscenza,  di questa struttura algoritmica, ovvero tiene conto di tutte le possibilità dando ad ognuno dei quattro casi che abbiamo nominato a,b,c,d lo stesso identico “peso”.

Molteplici studi  hanno mostrato che molto raramente ci avvaliamo di queste strategie normative chiamate algoritmi, per adottarne alcune meno precise ma molto più veloci e meno dispendiose chiamate euristiche. Soluzioni che non contemplano una soluzione perfettamente razionale, ma soddisfacente per poter interagire con il mondo esterno. Gli esseri umani sono esseri, come direbbe l’economista e psicologo statunitense Herbert Simon, premio Nobel per l’economia nel 1978, a razionalità limitata o ristretta.

Ci avvaliamo molto spesso delle osservazioni di tipo a e b o a e c generando di fatto “correlazioni illusorie” che mostrano come gran parte delle nostre credenze discendano da osservazioni inappropriate o da una imprecisa elaborazione di una serie di osservazioni.

Kao e Wasserman (1993) sono giunti alla conclusione che, anche se i quattro tipi di contingenze a, b, c, d hanno uguale importanza dal punto di vista logico, non hanno pari rilievo psicologico. Nel valutare esplicitamente la covariazione fra uno stimolo S e una conseguenza C, l’ordine di importanza o il loro “peso” (indicato con ω) è   ω(a) >  ω(b) >  ω(c) >  ω(d).

É importante notare come, nell’attribuzione del peso psicologico, gli indici che indicano la presenza (a,b) hanno più valore rispetto a quelli dell’assenza (c,d), questo a patto che la dimensione dell’assenza non sia una violazione di ciò che attendiamo e che diamo per scontato circa una situazione o un evento. In questo caso l’assenza, generando sorpresa, diventa altamente saliente per il processo conoscitivo.

Le conseguenze filosofiche del peso psicologico attribuito alle varie contingenze, solo molto importanti: raramente ci domandiamo o abbiamo il sospetto che le cose possano essere diverse da ciò che sono. Per questo abbiamo bisogno dell’effetto straniante dell’a-topos, del pensiero nella sua forma eversiva contro quelle perniciose forme di giustificazione acritica del reale.

Da un punto di vista statistico è possibile descrivere il passaggio dall’algoritmo del  ΔP a una versione “pesata” e più vicina alla prassi comune. Le soluzioni più famose sono quelle del  ΔP pesato (Cheng, Holyoak, 1995) e Regola Ei (Evidence Integration – Busemeyer 1991; Kao e Wasserman 1993) che sembra attualmente costituire il miglior modello generale dei giudizi umani espliciti di covariazione e causalità.

ΔP pesato = ω₁ a/(a+b) – ω₂ c(c+d)

EI = (ωa a + ωb b – ωac – ωbb) / (ωaa + ωbb + ωcc + ωdd)

Nella prossiama parte esamineremo quali sono le conseguenze in ottima dei meccanismi decisionali.

Nicola Carboni

 

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