Riflessioni sugli schemi cognitivi
Nella parte precedente abbiamo visto come si giunga, attraverso l’applicazione di un ragionamento per analogia, all’apprendimento di schemi di ragionamento astratto, una funzione importantissima e assai potente del nostro sistema cognitivo. Inoltre, abbiamo visto come tali schemi possano essere considerati sotto l’ottica dei processi automatici che sono parte integrante del processo di naturalizzazione del mondo che abbiamo imparato a considerare come fondamentale per la costruzione del mondo del quotidiano. Per rinfrescare la memoria possiamo schematizzare il concetto di naturalizzazione in questo modo:
- É un atteggiamento naturale perché si fonda su meccanismo di funzionamento psicologico
- É da ascrivere in tutti quei processi automatici che fanno parte dell’inconscio cognitivo
- In quanto processo automatico non richiede la consapevolezza (si accetta così come è in quanto già-dato)
- In quanto processo automatico è rapido, avviene senza sforzo
- Permette di risparmiare energie quindi funzionale per il mantenimento dell’essere umano in quanto essere biologico
Da un punto di vista cognitivo nel processo di naturalizzazione vanno inserite le euristiche (appartenenti al Sistema 1 di Kahneman) in quanto sono:
- naturali in quanto fanno parte del nostro sistema cognitivo
- processi automatici dell’inconscio cognitivo
- in quanto processo automatico non richiede consapevolezza
- in quanto processo automatico è veloce, avviene senza sforzo
- permettono di risparmiare energie cognitive
Quali sono le conseguenze del parallelismo fra schemi cognitivi e processi automatici?
Gli schemi (il cui nome deriva dalle analisi sull’acquisizione della conoscenza di Kant (1781) e che in psicologia sono stati introdotti dagli studi sulla memoria di Bartlett) sono reti di conoscenze organizzate e interconnesse, costrutti mentali stabili e soggettivi che agiscono come filtri nella percezione del mondo circostante e che vengono usati per individuare, codificare, differenziare e assegnare significati alle informazioni provenienti dal mondo esterno.
Gli schemi cognitivi influenzano pervasimamente i nostri pensieri e le nostre azioni. Quando osserviamo un evento, non registriamo passivamente l’informazione, ma la fissiamo attivamente all’interno di cornici di riferimento mentali preesistenti che guidano le nostre inferenze successive.
Nell’elaborazione dell’informazione guidata dagli schemi, andiamo costantemente oltre l’informazione data (Bruner, 1957): sommiamo la conoscenza immagazzinata in memoria all’informazione fornita dall’ambiente per costruire interpretazioni del mondo. Non guardiamo passivamente il mondo, ma lo interpretiamo attivamente a partire dai nostri schemi. Questo implica che non ci interfacciamo con la cosa nel suo aspetto noumenico ma suo aspetto meramente fenomenico derivante da una ermeneutica del mondo stesso. E, come ogni interpretazione, è gravata da due fallacie derivanti da una sottrazione e da una aggiunta. All’oggetto interpretato si “toglie” qualcosa (in quanto non possiamo cogliere la cosa in sé e per sé a livello sia ontologico che epistemologico) e contemporaneamente si “aggiunge” qualcos’altro che deriva dagli schemi del soggetto interpretante. Inoltre, come abbiamo visto, il sistema cognitivo, per affrontare una situazione nuova o un evento nuovo, si avvale degli schemi depositati in MLT interpretandoli per mezzo dell’analogia.
Il nuovo deve essere ridotto, in una certa misura, per poterlo classificare e classificandolo, conoscere, a una forma del già conosciuto, del già dato. Ovvero il conoscere come forma del ri-conoscere. In altre parole, ancora, ricondurre l’ignoto a una forma di “noto”, per usare la terminologia greca che ci accompagna in questo studio, significa ricondurre l’A-Τοπος alle forme del Τοπος .
Perché questo? Una possibile risposta viene dal pensiero di Platone. Nell’Alcibiade, un dialogo platonico per molti versi sottovalutato, l’effetto straniante delle domande socratiche è meravigliosamente espresso dalle parole di Alcibiade: «Ma per gli dèi, Socrate, non so neppure quel che dico e mi sento completamente fuori fase [ατόπως] perché mentre mi interroghi ora le cose mi sembrano in un modo, ora in un altro» [Alcibiade, 116e 3-5].
Allo stesso modo Teeteto, il giovane protagonista dell’omonimo dialogo afferma «Si, per gli dèi, Socrate, che straordinariamente mi meraviglio, che mai son queste cose, e talvolta, che davvero figgo lo sguardo in esse, ho le vertigini»[Teeteto, 155c 7-9].
Il dubbio che le cose possano essere diverse da ciò che abbiamo creduto fosse così per abitudine, per insegnamento o per persuasione, e accettate acriticamente diventa un dubbio di tipo esistenziale. Il dubbio si sposta dall’oggetto del pensiero al soggetto, verso colui che pensa quei pensieri. In questo senso vi è concordanza fra pensiero e essere, così come espresso primariamente dalla dottrina di Parmenide.
In questo senso gli schemi cognitivi sono un mezzo per creare quella stabilità grazie alla quale possiamo fare del mondo esterno, il mondo in cui sentirci in casa, nel quale le cose “stanno al loro posto”, o usando il termine greco, le cose hanno il loro Τοπος.
Collegare lo schema cognitivo al concetto di Τοπος però significa riprenderne il significato originale del termine utilizzato principalmente nella retorica. Per Τοπος, infatti, si intendeva uno schema narrativo indefinitamente utilizzabile, uno schema di ragionamento precostituito per essere utilizzato durante un confronto dialettico. Indica la convenzionalità e la ricorrenza.
In questa sede mi permetto di avanzare una ipotesi di lavoro. Fra individuo e realtà esterna si pone un rapporto di tipo dialogico e ermeneutico e in tale contesto gli schemi cognitivi agiscono esattamente come i luoghi comuni, i Topoi, della retorica classica. La naturalizzazione del mondo, che si fonda su meccanismi di funzionamento psicologico, risulta essere una applicazione di schemi via via più ampi fino a diventare dei tratti comuni accettati culturalmente. In tal modo il mondo quotidiano non assume solo una stabilità individuale, ma diventa un mondo comune.
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