VERSO I volti del Sé e la sua "realizzazione"

La relazione io (me) – tu (l’Altro da me) in Carl Gustav Jung (parte quarta). VERSO I volti del Sé e la sua “realizzazione”

Jung Parte IV: focus sul Sé e l’individuazione. Distinguere chi siamo da come appariamo è essenziale, così come connetterci all’inconscio collettivo. L’immaginazione attiva guida il dialogo interiore verso la totalità del Sé…
 

La relazione io (me) – tu (l’Altro da me)
in Carl Gustav Jung – Parte quarta

I volti del Sé e la sua “realizzazione”

Per individuarsi è essenziale non soltanto imparare a distinguere ciò che siamo dal modo in cui appariamo agli altri, ma anche diventare consapevoli dell’invisibile sistema di relazioni che tessiamo con l’inconscio collettivo, che si potrebbe ritenere un secondo DNA comune a tutti gli esseri umani. I meccanismi dell’individuazione avvengono e si manifestano tramite l’immaginazione attiva, forma di dialogo interiore per immagini dove l’Io non si contrappone né si sottomette al Sé ma lo riconosce come centro creativo e meta del proprio percorso interiore. Il Sé è la totalità unitaria dell’individuo, ed è Uno nel Tutto, Uno col Tutto, e per questo riunisce in sé aspetti che si escludono a vicenda: conscio-inconscio, introverso-estroverso, irrazionale-controllato. Per rappresentare questa totalità unitaria Jung non si affida soltanto alle immagini oniriche ma si avvale di immagini mandaliche. Lui stesso crea di necessità splendidi mandala, ognuno dei quali ruota come sfera spirituale sovrapposta a tutte le altre per afferrare, caratterizzare e definire il Sé.

I mistici di lingua germanica e le teosofie orientali spingono Jung a vedere e avvertire nel Sé la presenza di Dio, un Dio che però non appartiene propriamente alle religioni monoteiste. Il Sé (individuale) è come Dio (spirituale e assoluto), in quanto l’Uno è il Tutto (Jung annovera la figura di Cristo come uno degli archetipi del Sé). Questa consapevolezza determina la totalità, l’interezza cui aspira l’essere umano, e la si ottiene non tanto con la razionalità e il pensiero logico quanto con l’intuizione, la resa della mente alle emozioni, il contatto intimo con l’Anima, il lasciarsi andare alle correnti della vita e all’incontro col vuoto. È l’energia psichica a mettere in moto l’essere verso il suo Sé. L’energia psichica non va però limitata alla sfera sessuale, ma corrisponde a una forza arcaica e primigenia, operante nella psiche stessa che fa risuonare la voce del profondo mistero che è il Sé. Questa voce è orientata a un fine e sa esattamente dove portarci per conoscere noi stessi e diventare al fine noi stessi.

Il percorso individuativo è dunque un viaggio nell’ignoto, nel mistero del Sé e di se stessi, ha potere trasformativo e necessita di sprofondare nella sofferenza che guarisce grazie all’incontro con la dimensione sublimativa dell’Ombra là dove essa si illumina di azzurro celestiale e spirituale. La sofferenza va affrontata e vissuta, e nel trascendere le oscurità dell’animo si perviene alla liberazione catartica del proprio Sé. Nella malattia esperisco il Dio, scrive Jung, un Dio che è qualcosa di più di puro amore e pura bellezza, è sapienza ma anche assurdità, è forza ma anche impotenza. Qui par di sentire vibrare le orazioni di Hildegard von Bingen, mistica medievale, ma anche forte è l’influenza del sentimento del vuoto spirituale, quella vacuità del Buddhismo che apre al Nirvana (liberazione di tutti i cicli della vita, cessazione della sofferenza, pace assoluta ed infinita), o quella dell’Induismo sulla via verso il Tao (che tutto comprende e tutto riunisce, condizione mentale di vuoto interiore come nelle pratiche di meditazione). Entrare in contatto col proprio dolore tramite la discesa agli inferi aiuta a  comprendere quei vizi e quelle virtù che definiscono e delimitano il Sé di ogni individuo come Dio, Assoluto, Spirito.

Dunque, il Sé è sia coniunctio oppositorum sia mysterium coniunctionis, perché la conciliazione di contrari inconciliabili è un processo che trascende la coscienza (Stein, cit. p.64). Sono le risorse dell’inconscio che implementano quelle della personalità cosciente avvicinando l’Io al Sé archetipico. Jung vede il Sé come archetipo dell’integrità, una specie di daimon o divinità interiori posti al centro della psiche a far da ponte tra inconscio e conscio. Nell’immaginazione attiva l’idea di se stessi (l’Io-me) viene raffigurata dalla personalità cosciente mentre il fuori-di-me o l’Altro corrispondono sia a elementi inconsci collettivi  sia a tratti individuali. Avverte però la von Franz che la storia personale è data dall’insieme delle modalità con cui il Sé si manifesta nella realtà, essendo esso reale solo quando si esprime nelle azioni, nello spazio, nel tempo (1980, Alchimia, TO 1984, p.133). Si può altresì suggerire che l’Unicità di ciascun individuo, ovvero il principium individuationis, consiste nella narrazione intrecciata attorno all’archetipo individuativo perché ricostruendo il proprio mito personale, si ricompone la propria verità. Una verità che non può essere oggettiva. L’individuazione si muove di fatti nell’ambito della soggettività ricca di significati  e sensi autonomi e personali dove l’autenticità dell’essere sta in ciò che ancora di se stessi non si conosce. Ancora una volta sottolineiamo che l’individuazione è un processo atto a rivelare l’autenticità dell’essere estrinsecando tutte le sue potenzialità e rispondendo al richiamo etico di diventare ciò che ciascuno di noi è destinato ad essere o potrà essere.

Alessandro Bigarelli

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