Considerazioni preliminari:
la verità come s-velamento [Aletheia] – parte 1
In questo mondo non vi è nulla che purifichi quanto la conoscenza.
Bhagavadgita IV, 38
Le grandi Tradizioni metafisiche mostrano tre strade maestre per giungere alla comprensione del Divino: la conoscenza, l’amore e l’azione che nell’induismo vengono chiamate jnanamarga, bhaktimarga e karmamarga che hanno una corrispondenza nel sufismo islamico dove vengono nominate al-ma’rifah, al-mahabbah e al-khawf.
Nell’opera platonica possiamo ritrovare questa tripartizione. In maniera molto rapida possiamo indicare la “via dell’amore” in Platone rappresentata dai dialoghi come il Simposio, il Fedro e l’Alcibiade I dove viene sviluppato il concetto di Eros, la “via dell’azione” della immensa e utopistica proposta di trasformazione strutturale della società greca in maniera particolare nella costruzione dello Stato Ideale ne La Repubblica. Tuttavia, l’obiettivo è focalizzarsi sulla prima delle tre vie, ovvero quella della conoscenza attraverso una analisi dettagliata e comparativa del concetto greco di verità come αληθεια [aletheia] nel suo duplice significato di “non-dimenticato” e “non-velato”.
La prima particolarità che dobbiamo notare è l’ “alpha privativa” che ci mette in una connotazione di pensiero totalmente differente al nostro comune e odierno modo di ragionare intorno alle cose.
Tendenzialmente pensiamo al concetto di vero come qualcosa che concorda con lo stato di cose. Ad esempio, posso asserire che la Prima guerra mondiale è iniziata nel 1914, che l’Italia si trova in Europa, che 2+2 faccia 4 e sono sicuro che queste tre asserzioni siano vere. Come dice Hiedegger nel testo ‘L’essenza della verità’ la concordanza fra l’asserzione e il dato ci rende il concetto “moderno” di verità. Tuttavia, connotare la verità come concordanza non soddisfa, socraticamente, la domanda “che cosa è la verità”? Dire che la Prima guerra mondiale sia iniziata nel 1914, che l’Italia sia in Europa, che 2+2 faccia 4, siano vere, dice solo che sono verità, se così possiamo definirle, parziali perché dipendono dalle asserzioni che pronunciamo. La verità come concordanza è coerente con il concetto di Ratio, nato dalle riflessioni sulla Logica di Aristotele prima (con l’enumerazione delle categorie e la “creazione” dei sillogismi) e degli Stoici poi (con la “scoperta” del modus tollens e del modus ponens) fino alla rivoluzione scientifica del XV – XVI secolo (Galileo, Bacone, Cartesio), che rappresenta il concetto di razionalità moderna, ovvero una razionalità di tipo procedurale. La ragione come Ratio rappresenta la più completa distanza con il concetto di Logos, una ragione di tipo sostanziale di cui ogni ente, in qualsiasi ordine del manifestato, ne è custode e testimone.
I Greci intendevano ciò che noi chiamiamo il vero, come il dis-velato, il non-più-velato di qualcosa che prima era, per sua natura nascosto. Physis Kryptesthai filei [Eraclito B123], la natura delle cose ama nascondersi.
La grande differenza è che il concetto di svelatezza non ha nulla a che fare con l’asserzione e la concordanza. La verità come svelatezza e la verità come conformità sono due cose completamente distinte «come se derivassero da esperienze fondamentali del tutto diverse e tra loro inconciliabili» [Heidegger, L’essenza della verità, Adelphi Edizioni, Milano 1997, p. 33].
Cosa è propriamente dunque, ciò che è velato? Non è l’asserzione, né la proposizione poiché non dipende da un atto linguistico, ma l’ente stesso. Per i Greci, dunque, la verità ha una connotazione ontologica e, come vedremo, metafisica. Questo implica che l’essere umano, nel suo atteggiamento naturale, quotidiano, prefilosofico, si rapporta all’ente nella sua dimensione della velatezza, del nascondimento, di qualcosa che si manifesta nascondendosi e si nasconde manifestandosi, mostrando uno scorcio.
Il mito della caverna esposto nel VII libro della Repubblica, nella sua polisemia, racconta la storia di un progressivo disvelamento della Verità e della Realtà a partire dalle ombre delle cose della condizione dei prigionieri incatenati fino alla visione finale delle Idee, al di fuori della caverna, del prigioniero libero. Il progressivo avvicinarsi alla Verità, rappresenta, non solo un percorso conoscitivo, ma anche e soprattutto di liberazione. Possiamo intravvedere una interessante correlazione nel cristianesimo giovanneo, considerato con giusta ragione, il più esoterico dei Vangeli: Et cognoscetis veritatem, et veritas liberabit vos che rappresenta uno dei nuclei profondi che accomuna tutte le Tradizioni Metafisiche.
Definire la verità come αληθεια ha un’altra fondamentale conseguenza: al processo ascensionale di tipo ontologico corrisponde un parallelo processo ascensionale di tipo gnoseologico.
Nel VI libro della Repubblica Platone delinea una rappresentazione di tale processo che poi verrà ulteriormente sviluppato e chiarito per mezzo del Mito della Caverna.
«Considera una linea divisa in due segmenti diseguali, poi continua a dividerla allo stesso modo distinguendo il segmento del genere visibile da quello del genere intelligibile. In base alla relativa chiarezza e oscurità degli oggetti farai un primo taglio, corrispondente alle immagini: considero in primo luogo le ombre, poi i riflessi nell’acqua e nei corpi opachi lisci e brillanti, e tutti i fenomeni simili a questi» [Platone, Repubblica, 509d6-9]… «considera poi un altro segmento , di cui il primo è l’immagine: esso corrisponde gli esseri viventi, alle piante, tutto ciò che esiste» [Ibidem, 510a7-10]. Per quanto riguarda la seconda sezione, quella del genere intelligibile, e anch’essa suddivisa in due sezioni. «Nella prima sezione di tale segmento, l’anima, usando come immagini le cose che nell’altro segmento erano i modelli, è costretta a procedere per ipotesi, lungo una via che la conduce non verso il principio ma verso la fine» [Ibidem, 510b4-9] ovvero gli enti matematici e geometrici che, benché non siano enti strettamente legati al sensibile, tuttavia ne recano ancora qualche traccia infatti «Dunque sai pure che utilizzano tali figure e ci ragionano sopra – intendendo gli esperti di geometria e di aritmetica – sebbene non pensino quelli bensì ai loro modelli rispettivi: essi fanno i calcoli sul quadrato e sul diametro in sé, non su quelli disegnati e così via. Delle figure che costruiscono e disegnano, quasi fossero ombre e immagini riflesse nell’acqua, si servono come se fossero immagini anch’esse, cercando di contemplare l’essenza di quelle entità che si comprendono solo con il pensiero» [Ibidem, 510d4-8]. Questo tipo di razionalità viene chiamata dianoia. «Poi, nella seconda sezione, essa procede verso il principio assoluto senza ricorrere alle ipotesi e alle immagini, conducendo la sua ricerca solo grazie alle Idee» [Ibidem, 510b6-9] che avendo la qualità ontologica dell’essere in sé e per sé (ipseità) trascendono la ragione rappresentazionale recidendo ogni legame con la sensibilità per entrare in un orizzonte epistemico di tipo noetico.
Per riassumere e traslare in scala ascensionale i gradi ontologici abbiamo tale schema:
Secondo l’assunto del parallelismo onto-gnoseologico, Platone considerava la conoscenza correlata all’Essere. In base a quanto detto sopra esistono due modalità di apprendimento che hanno attinenza una al mondo del sensibile, la doxa o opinione, e la seconda che attiene al mondo dell’intelligibile, ovvero l’episteme, la scienza
Tuttavia, Platone va ancora più in profondità nel dimostrare i possibili aspetti conoscitivi in relazione alla divisione ontologica espressa nel VI libro della Repubblica. Così divide la doxa in semplice congettura o immaginazione (ειχασία) e in credenza-fede (πιστις) che si riferiscono al mondo sensibile rispettivamente l’una alla percezione sensoriale delle ombre, l’altra alle cose sensibili stesse. L’episteme a sua volta si divide in conoscenza ragionata (διάνοια) e in pura intellezione (νόησις) che si riferiscono ai due gradi della sfera intelligibile, la prima alla conoscenza degli aspetti matematici e geometrici e la seconda come coglimento puro e immediato diretto e puro delle Idee.
Possiamo dunque fare questo schema riassuntivo
Mondo sensibile | Mondo intelligibile | |||
Aspetto ontologico | Riflessi, immagini, ombre | Le cose del mondo sensibile | Enti matematici e geometrici | Idee |
Aspetto conoscitivo | Eikasia | Pistis | Dianoia | Noesis |
Doxa | Episteme |
Nelle prossime parti analizzeremo il concetto di verità come svelatezza analizzando il concetto di hijab nel sufismo islamico, di Kosa nel Vedanta e di Olam nella Cabala ebraica cercando le intime relazioni che esistono fra queste Tradizioni sacre e il pensiero di Platone.
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