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Jean Baudrillard
Filosofo, sociologo e accademico, i contributi di Jean Baudrillard hanno abbracciato l’analisi della cultura, del marxismo, della postmodernità e del pensiero post-strutturalista. Il suo pensiero è stato influenzato da, o in relazione a, autori quali Guy Debord, Althusser, Sartre, Foucault, Roland Barthes, Jacques Derrida, Gilles Deleuze, Georges Bataille e Claude Lévi-Strauss.
Jean Baudrillard nasce nella città cattedrale di Reims, nel nord-est della Francia. I suoi nonni sono contadini e i suoi genitori divengono impiegati statali. Jean è il primo della sua famiglia ad andare all’università, studiando tedesco alla Sorbona di Parigi, e in seguito pare che questo lo porterà a una rottura con la sua famiglia e il suo ambiente culturale. Nel 1956 inizia a insegnare tedesco in un liceo francese e nei primi anni ’60 pubblica saggi sulla letteratura per la rivista “Les Temps Modernes”, oltre a tradurre opere di Bertolt Brecht e Peter Weiss.
Nel 1966, Baudrillard si unisce all’Università di Nanterre, una piccola istituzione fieramente radicale che diventerà nota come incubatrice del Mouvement du 22 Mars e il suo successivo ruolo negli évènements del maggio 1968. Nello stesso anno viene pubblicato il suo primo libro, “Le Système des objets”. Con il sociologo Henri Lefebvre e il critico culturale Roland Barthes come suoi mentori intellettuali, dona letture acute e ironiche di materiali di interior design, gadget, detersivi e altri fenomeni quotidiani.
Nelle opere successive, tra cui “The Consumer Society” (1970), “The Mirror of Production” (1973) e “Forget Foucault” (1977), Baudrillard sviluppa argomentazioni sul crescente potere dell'”oggetto” sul “soggetto” nella società moderna e sul modo in cui la protesta e la resistenza vengono sempre più assorbite e trasformate in carburante dal “sistema” simbolico del capitalismo. Durante questo periodo, scrive anche di arte e architettura per la rivista Utopie.
Negli anni ’80 e ’90, Baudrillard si allontana in gran parte dal marxismo e dallo strutturalismo. Diviene uno dei principali rappresentanti della cultura postmoderna, ed è in questa fase che definisce come nella condizione dei media postmoderni, sperimentiamo qualcosa chiamato “la morte del reale”. Quest’ultimo è un concetto che evoca qualcosa di cui si sta ancora discutendo; tuttavia, tale nozione è correlata alla certezza che stiamo vivendo in una sorta di iper-realtà. In altre parole, un regno iperconnesso, connesso alle commedie televisive, a Internet, ai media (tradizionali o meno), ai giochi di realtà virtuale, al cloud, a Facebook, a Insta o semplicemente a piattaforme che simulano e rielaborano quell’assunto che chiamiamo “realtà”.
Per Baudrillard, le società moderne sono organizzate attorno alla produzione e al consumo di merci, mentre le società postmoderne sono organizzate attorno alla simulazione e al gioco di immagini e segni. Questi denotano una situazione in cui sono le forme organizzative di un nuovo ordine sociale in cui governa la simulazione. Nella società di simulazione, le identità vengono costruite attraverso l’appropriazione di immagini. Codici e modelli determinano il modo in cui gli individui percepiscono se stessi e si relazionano tra loro. Il modello di simulazione governa l’economia, la politica, la vita sociale e la cultura. Ciò significa che codici e modelli determinano come i beni vengono consumati e utilizzati, come si sviluppa la politica, come viene prodotta la cultura e come viene vissuta la vita quotidiana.
Queste idee e le loro ulteriori elaborazioni lo portano ad affermare cose come: sebbene gli Stati Uniti abbiano perso la guerra del Vietnam sul campo, l’hanno vinta nel regno iperreale attraverso film come “Apocalypse Now” e “Platoon”, che ripetono la guerra per riscrivere la storia.
Un altro esempio di quanto sopra è stato il suo famoso articolo su “Libération” in cui sosteneva che la Guerra del Golfo non avrebbe avuto luogo. Successivamente, ha affermato che non aveva avuto luogo perché il pubblico occidentale si era reso conto che era accaduta solo come una serie di immagini iperrealistiche sui nostri schermi televisivi. Il suo lavoro è stato in prima linea nei movimenti postmodernisti e decostruzione e ha influenzato la teoria sociologica e della comunicazione. Era particolarmente interessato al modo in cui i media moderni come la TV e Internet filtrano e costruiscono le nostre rappresentazioni del mondo in cui viviamo. Più di molti altri pensatori francesi, il suo lavoro è informato da una posizione socialmente critica, in cui la globalizzazione è visto come il risultato di una distopia ipertecnologica e consumistica. La sua opera più controversa, “The Gulf War Did Not Take Place” (1991), suggerisce che la guerra per liberare il Kuwait dall’invasione irachena sia avvenuta principalmente come uno spettacolo mediatico. Altri lavori di attualità includono “The Illusion of the End” (1992) e “The Spirit of Terrorism: And Requiem for the Twin Towers” (2002).
In cover: Jean Baudrillard.
L’immagine è stata adattata, l’originale si trova qui
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