Ho chiuso gli occhi solo per un momento e il momento è (già) passato - Ecco in un solo verso il tempo e la sua fugacità!

La fugacità del tempo – siamo polvere nel vento

Il Tempo.

Cosa è questa cosa che accompagna inevitabilmente ogni nostra esperienza e tuttavia costantemente sfugge? A volte consolatorio, il più delle volte temuto, il Tempo è da sempre oggetto della riflessione umana…

 

La fugacità del tempo – siamo polvere nel vento


And indeed there will be time […]
And time yet for a hundred indecisions,
And time for a hundred visions and revision […]
In a minute there is time
For decisions and revisions which a minute will reverse

T.S. Eliot, The Love Song of J. Alfred Prufrock

Il Tempo.

Cosa è questa cosa che accompagna inevitabilmente ogni nostra esperienza e tuttavia costantemente sfugge? A volte consolatorio, il più delle volte temuto, il Tempo è da sempre oggetto della riflessione umana. Platone nel Timeo lo definisce l’immagine mobile dell’eternità; Heidegger ne fa un esistenziale inseparabile dall’Esistenza nel suo capolavoro “Essere e Tempo”; Henry Bergson introduce il concetto di tempo della vita, irreversibile e legato alla soggettivà che, una volta passato, si perde negli anfratti del Tempo stesso e che può essere rievocato, in maniera mediata, dalla memoria.

Dust in the Wind dei Kansas pubblicato nel 1978 [interessante è anche la cover del 2001 degli Scorpions] è una di quelle canzoni che racchiudono riflessioni filosofiche di altissimo valore espresse attraverso un linguaggio semplice e universalmente comprensibile.

I close my eyes only for a moment and the moment’s gone
Ho chiuso gli occhi solo per un momento e il momento è (già) passato –

Ecco in un solo verso il Tempo e la sua fugacità!
Il momento che dura un battito di ciglia ricorda il virgiliano “Sed fugit interea, fugit irreparabile tempus” – Ma fugge intanto, fugge irreparabilmente il tempo – [Georgiche, III 284]. L’attimo che si sta vivendo in un dato istante del tempo è alito di vento in mezzo a due infinità negative. Il “non – più” del passato, il regno della necessità, il ciò che è stato e che mai più potrà essere, la storia scritta e il “non-ancora” del futuro, il regno della possibilità, ciò che potrebbe essere, la storia da scrivere. Nel mezzo un singolo istante proteso verso il futuro che, nel momento in cui viene vissuto, è già passato “mangiato” dal Tempo. Tempus edax rerum – il tempo che tutto divora – [Ovidio, Metamorfosi, XV, 234] diventa insopportabile soprattutto nella concezione del tempo lineare e progressivo di matrice ebraico- cristiana in una visione teleologica dove il fine della storia diventa la fine della storia. Al cospetto dell’inesorabilità del tempo l’uomo diventa Amleto che, con in mano il teschio di Yorik, si domanda “Be or not to be?“.

Quale è il senso dell’azione umana di fronte a un destino comune di un tempo che scorre, di un futuro che diventa passato nel quale gli attimi significanti, nell’infinità, diventano misera cosa? “E fieramente mi si stringe il core/ A pensar come tutto al mondo passa/ E quasi orma non lascia” scrive Leopardi ne La sera del dì di festa. I grandi fatti del passato così come le piccole quotidiane afflizioni, nel tempo, si sgretolano fino a diventare polvere.
Dust in the wind/ All they are is dust in the Wind – Polvere nel vento/ Tutto è polvere nel vento è il liet motiv della canzone che vagamente rimanda il passo della Genesi (3, 19) Memento homo, quia pulvis es, et in pulvere reverteris – Ricorda uomo che sei polvere e polvere tornerai. La caduta in un pessimismo cosmico o in un nichilismo senza prospettive rappresenta delle possibili conseguenze.

Un’altra risposta è quella della tradizione greco-romana che possiamo riassumere nell’oraziano “carpe diem”, cogliere l’attimo rendendolo significante attraverso quella che Nietzsche definì l’amor fati, l’accettazione del dire “si” alla vita benchè consapevoli del destino di finitudine esorcizzando quello “spirito di gravità” che accompagna il tempo lineare.

Nella Grecia antica vi erano tre modi per indicare il Tempo: Ainon, il tempo degli dei, l’eternità, Kronos, il tempo cronologico nella dimensione quantitativa, il Kairos, il tempo opportuno nella dimensione qualitativa. Il Kairos è il tempo dell’uomo sia nella sua visione edonistica come il Trimalcione del Satyricon di Petronio “viviamo finché possiamo spassarcela” [prospettiva filosoficamente non da rigettare] sia nell’apertura di uno spazio della responsabilità, del dare risposte di senso ai fatti della vita, che apre le porte all’etica.

Il senso umanamente significante, nonostante la consapevolezza della caducità, è l’insegnamento del carpe diem, magistralmente colto nel film L’attimo fuggente di Peter Weir del 1989, dove il professor Keating, interpretato da Robin Williams, parlando ai suoi studenti afferma “Cogliete l’attimo ragazzi. Rendete straordinaria la vostra vita“. “Cogli la rosa quando è il momento che il tempo vola, lo sai. Ogni fiore che oggi sboccia, domani appassirà”.

Ogni momento benché fuggevole, destinato a perdersi come a drop of water in an endless sea – una goccia d’acqua in un mare infinito – può essere il Kairos, quel momento opportuno che dona un significato umano che, nella sua fragilità, trova la sua grandezza.

Nicola Carboni

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