La CREAZIONE del MONDO quotidiano. Un approccio di dialogo fra PSICOLOGIA e FILOSOFIA.
Nella parte precedente abbiamo visto come il processo di naturalizzazione, ovvero quel processo che ci fa accettare in maniera a-riflessiva e preriflessiva il mondo così come è, risponde a un preciso funzionamento psicologico che chiama in causa l’attenzione, la memoria e l’apprendimento.
Quali conseguenze possiamo trarre? La prima (e più importante) è che la naturalizzazione corrisponde a un atteggiamento naturale in quanto concorde a una esigenza di qualsiasi sistema biologo: il risparmio dell’energia e il mantenimento dell’omeostasi. In biologia per omeostasi si intende l’attitudine propria degli organismi viventi a conservare le proprie caratteristiche al variare delle condizioni esterne dell’ambiente tramite meccanismi di autoregolazione.
In quanto sistema aperto, l’essere umano è in costante rapporto con l’ambiente esterno attraverso processi di feedback e feedforward. Sarebbe impossibile, in ogni istante, processare tutte le informazioni che dall’esterno “colpiscono” gli organi sensoriali. La selettività delle informazioni sembra essere il meccanismo più adatto per il nostro rapporto con l’ambiente al fine evolutivo.
L’ATTENZIONE
Per attenzione si intende l’insieme dei dispositivi e meccanismi che consentono di concentrare e focalizzare le proprie risorse mentali su alcune informazioni piuttosto che su altre, definendo ciò di cui, in un dato momento, siamo consapevoli (attenzione selettiva).
L’attenzione selettiva comporta una serie di competenze fra loro connesse: l’integrazione (la capacità di mettere in relazione diversi aspetti e caratteristiche dello stimolo in funzione della sua complessità), il filtraggio (la capacità di ignorare le informazioni non rilevanti per selezionare solo quelle richieste e pertinenti), la ricerca (la capacità di individuare un oggetto presente nel campo visivo).
I modelli esplicativi dell’attenzione, in virtù della limitata capacità di elaborazione dell’informazione da parte del sistema cognitivo, ipotizzano la presenza di un filtro interposto fra input sensoriale e output comportamentale. Broadbent [1958] ha proposto l’esistenza di un filtro posizionato subito dopo i registri sensoriali (selezione precoce) che seleziona l’informazione in entrata sulla base di un’analisi sensoriale e percettiva.
Treisman [1964] ha proposto una modifica al modello sopra riportato, nota come teoria dell’attenuazione o del filtro attenuato, ipotizzando che il filtro attenui, ma non blocchi completamente l’accesso all’informazione non selezionata.
La teoria di Treisman modifica solo parzialmente quella di Broadbent, mantenendo la selezione precoce ma cambiando le proprietà selettive del filtro. In alternativa è stata proposta una teoria nella quale si ipotizza un diverso posizionamento del filtro dopo i processi percettivi e prima della risposta chiamata teoria del filtro tardivo [Deutsch]. Questa teoria prevede che il sistema analizzi completamente tutta l’informazione, facendo “passare” solo quella ritenuta saliente per il soggetto.
Risulta evidente come, se il flusso delle informazioni sia sottoposto a una sorta di filtro che seleziona gli input in entrata tale da limitare il focus dell’attenzione, questo abbia conseguenze anche sulla memoria.
A livello psicologico per memoria si intende la capacità di conservare nel tempo le informazioni apprese e di recuperarle in modo pertinente. Nel pensiero greco il concetto di memoria aveva una ricaduta anche da un punto di vista teoretico, la verità infatti è α-ληθεια [a-letheia] per la quale vi sono due traduzioni letterali: ciò che non è velato e ciò che non è dimenticato [il Lete nella mitologia greca e nei misteri orfici è il fiume della Dimenticanza]. La memoria, infatti, pur essendo molto estesa non può essere infinita. É limitata sia in termini quantitativi (ossia il numero di informazioni che possiamo immagazzinare), sia in termini di durata (molti apprendimenti decadono dopo un certo periodo di tempo). La memoria, quindi, è strettamente legata all’oblio. Anche se per la psicologia del senso comune questo è considerato uno svantaggio, il fatto di dimenticare rappresenta un vantaggio per la sopravvivenza, portando e eliminare molte informazioni non necessarie per lasciare spazio a nuove possibilità di apprendimento.
Molto spesso si tende a dimenticare che l’essere umano è frutto di una evoluzione della specie della quale l’uomo contemporaneo rappresenta un’ultima e esigua appendice. La psicologia evoluzionistica ci induce a pensare che tutte le funzioni mentali sono tali in virtù di una storia evolutiva in quanto più adattative per la sopravvivenza dell’uomo nel mondo esterno.
Il modello più famoso per la comprensione della memoria è quello multi-processo di Atkinson e Shriffin, un modello input-output che descrive la sequenza dei passaggi delle informazioni che provenendo dall’ambiente esterno, vengono mano a mano elaborate nei vari “magazzini” della memoria. Gli stadi principali sono tre: registro sensoriale, memoria a breve termine (MBT), memoria a lungo termine (MLT).
Il registro sensoriale è la capacità di mantenere in modo sostanzialmente fedele (senza un’azione di elaborazione) le informazioni che provengono dal mondo circostante e che sono filtrate dall’attenzione. Si suddivide in memoria iconica (per la visione), ecoica (per l’udito), olfattiva, gustativa, tattile e proprioaccettiva (il “sentire” il proprio corpo nello spazio).
La MBT (già studiata da Ebbinghaus alla fine del 1800) conserva le informazioni per circa mezzo minuto e ha capacità limitate.
Hitch e Baddeley hanno approfondito la comprensione della MBT attraverso lo studio della cosiddetta Working memory (memoria lavoro) che non solo conserva temporaneamente le informazioni, ma procede a una loro elaborazione attiva. Secondo Damasio coincide con la coscienza in senso stretto. Si tratta di un sistema attivo e dinamico complesso, composto, secondo le ultime teorizzazioni, da quattro sottosistemi distinti: esecutivo centrale che controlla e regola i processi cognitivi richiesti dalla situazione, collega le informazioni provenienti dalle diverse fonti; circuito fonologico che concerne il parlato e conserva l’ordine in cui le parole sono presentate; taccuino visivo-spaziale che riguarda l’immagazzinamento e il trattamento delle informazioni visive, spaziali e delle immagini mentali (l’imagery); tampone episodico che collega le immagini provenienti da diversi ambiti per formare unità integrate e coerenti a partire dalle informazioni visive, spaziali e verbali a disposizione.
La MLT invece è ciò che si avvicina di più alla nozione ingenua di memoria. E’ infatti la capacità di mantenere nel tempo il ricordo di informazioni, episodi etc. Fanno parte della MLT la memoria dichiarativa o esplicito [Squire, 1987], un tipo di memoria accessibile alla consapevolezza che può essere richiamata alla mente verbalmente e non verbalmente (Memoria Episodica che richiama eventi personali specifici e Memoria Semantica che richiama significati e conoscenze generali) e la memoria non dichiarativa o implicita che contiene esperienze non passibili di ricordo coscienze né di verbalizzazioni. Fa parte della Memoria implicita, la memoria procedurale che contiene esperienze motorie, percettive e cognitive, che ci portano a acquisire comportamenti automatici.
Abbiamo visto in precedenza come quel processo che abbiamo definito naturalizzazione, ovvero l’incapacità di vedere il mondo con altri oggi, rimanendo ancorati alla dimensione del già-dato, del presupposto, dell’ovvio, sia un atteggiamento naturale dell’uomo nel suo rapportarsi alla realtà esterna. Abbiamo inoltre visto che è un atteggiamento naturale proprio perché si basa su meccanismi di funzionamento psicologici, su quei comportamenti automatici, cognitivamente inconsci, che abbiamo iniziato a vedere analizzando l’attenzione e la memoria.
Se da un lato tutti i processi di selezione, di filtraggio, di riduzione della complessità sono necessari per la sopravvivenza e lo sviluppo della specie umana li ha decretati come più adattativi, dall’altro sono proprio questi processi che “pietrificano” facendo rimanere ancorati della comoda condizione in cui il pensiero si riduce alla dimensione della replicazione dell’esistente, nella quale la riflessione si contrae in accettazione incondizionata. E questi processi possono avere conseguenze tanto più pericolose proprio perché sono processi naturali.
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